Tre anni fa nessuno credeva che ce l’avrei fatta. Da quel letto d’ospedale neppure io credevo che sarei mai uscito. Guardare avanti; vedevo un cammino impossibile da realizzare. Come unica risorsa avevo una pensione minima, che da sola mi garantiva poco o nulla. I sensi di colpa per avere cagionato pericolo ai miei genitori e il pensiero che non sarei più ritornato a vivere con loro, di dover provvedere a me stesso, di dovermi disintossicare da alcol e cannabis… mi sembrava davvero di non potercela fare. Più di un momento ho pensato di farla finita.
Poi lo spiraglio: un centro diurno per il recupero dai miei problemi e l’invio in una strutture residenziali in alternativa alla terapia intensiva. Devo ringraziare la dottoressa D. L. e il dottor S., nonché il dottor M., che mi hanno preso in carico dandomi fiducia e facendomi capire che quella era l’unica opzione possibile.
I primi mesi sono stati davvero duri. Frequentavo il centro diurno e la sera rientravo nella residenza dove non mi era concesso neppure fare le scale per prendere un caffè se non accompagnato.
Poi pian piano ho imparato dalle persone che come me erano in programma un modo diverso di socializzare, fuori dal groviglio delle sostanze. Lentamente sono tornato ad acquisire padronanza di me; ho cominciato ad avere consapevolezza di ciò che era accaduto nei trent’anni di abuso.
Mi avvicinavo alle dimissioni e ogni giorno che passava era un giorno in più di vita. Il tentativo di un accesso mirato per l’impiego e il fallimento di questo hanno fatto sì che maturassi la convinzione che avrei campato con la mia pensione, se pur minima.
Così dopo otto mesi in diagnosi cura e due anni in residenza approdo nella comunità Sottosopra. Se non fosse stato per D., che mi è stato sempre vicino nel periodo passato in residenza, non so come avrei fatto a re-inventarmi una vita. Per guarire dovevo partire dal nulla; niente più sostanze, niente più vecchie amicizie, niente più casa. L’incubo di non avere più risorse pian piano ha fatto spazio a un sogno che sto ancora sognando. Con l’aiuto della dottoressa S.,con la sua guida, ho progressivamente attinto risorse là dove vi erano. Ho mantenuto i miei programmi. Vado una volta la settimana a dipingere, mi sto concentrando nella realizzazione di un fumetto, ho sviluppato insieme ad altri una campagna di sensibilizzazione contro le dipendenze patologiche; ora sempre con queste persone stiamo sviluppando un progetto per il festival della filosofia e per la settimana della salute mentale, ed io per la prima volta mi sento vivo e sano.