MARTIN BUBER: UNA VOCE FUORI DAL CORO

Ricorrera’ nel prossimo 2015 il cinquantesimo anniversario della scomparsa di uno dei piu’ importanti pensatori ebraici del 1900, Martin Buber. Quello che caratterizza questo genio multiforme e’ la sua capacità di unire filosofia e religione nonche’ politica nella sua enorme produzione, tanto che il suo pensiero e’ noto non solo agli intellettuali ebrei ma anche agli studiosi di tutto il mondo. Nipote del grande esegeta Solomon Buber fin da piccolo fu accostato al pensiero mistico ebraico, in particolare a quello relativo al Baal Shem Tov, cioe’ il maestro del nome buono, fondatore di un movimento che mise in uno stato di agitazione religiosa simile ad un risveglio spirituale totale tutti gli ebrei est europei. 38B. martin-buberDa questa esperienza Buber decise che era necessario conservare questo enorme patrimonio di leggende orali  e da qui nacque l’idea del volume antologico “I raccconti dei Chassidim” tuttora ristampato. Lo spazio di un articolo di blog non ci consente di esaurire tutto il vasto ed articolato pensiero buberiano ma possiamo fin da ora anticiparvi che altri articoli parleranno del Buber esponente del movimento sionista e si incastreranno nella serie di riflessioni sulla storia d’Israele che stiamo pubblicando. Un sodalizio intellettuale che vide protagonista il pensatore di origine galiziana fu quello con Franz Rosenzweig autore del monumentale lavoro di filosofia ebraica  “La stella della redenzione”. Rosenzweig scrisse questo volume  dal fronte ove era stato inviato quale combattente tedesco ed anche quest’opera vedrà  come tante altre di altri intellettuali  il coincidere della sua prima edizione con il centenario della prima guerra mondiale. Rosenzweig srisse il suo lavoro inviando quotidianamente il suo lavoro scritto su cartoline o lettere alla moglie  ed ad altri discepoli. Rosenzweig non era un ebreo ortodosso ma bensi’ liberale cioe’ erede di quel movimento che fondato da Abraham Geiger nella seconda metà del 1800  voleva un ebraismo si’ legato alla tradizione, ma anche molto più dinamico sul piano culturale con l’esortazione agli intellettuali ebrei di meglio inquadrare i punti focali del loro sistema cultural religioso. Buber ebbe modo di conoscere questo straordinario personaggio, che già fin da allora poneva al centro della sua riflessione il dialogo fra le religioni e lo studio delle sacre scritture visto in un ottica interconfessionale. Martin Buber fu affascinato da quest’uomo, fondatore di vari centri di studio e decise di collaborare con lui in un opera sterminata: la traduzione della Bibbia dall’ebraico in tedesco moderno. Già  da questi  primi appunti vediamo come il trentenne Buber fosse aperto al dialogo con le altre religioni ed allo sforzo  per ottenere la possibilità per tutti di leggere il testo biblico in maniera semplice. Per il momento ci fermiamo qui ma già da ora possiamo dire che il tema del dialogo, che tanta importanza ha avuto nella filosofia della religione del 20 secolo  fu aperto e fondato da Martin Buber. Nelle prossime puntate dedicheremo ancora spazio a questa straordinaria figura di pensatore.

Antonio

LA LUNGA MARCIA VERSO ISRAELE E LA RIEDIFICAZIONE DI GERUSALEMME

Il libro trovò estimatori, soprattutto fra i giovani, che fondarono nelle vaste lande dell’impero zarista delle società chiamate “Amanti di Sion”, con lo scopo di emigrare nella terra Promessa e di ritornare ad essere un popolo che nulla più aveva a che vedere con la triste vita dei ghetti, ma che si guadagnava il pane con il lavoro delle proprie mani. Ebbe così inizio la prima ondata migratoria verso Israele che coinvolse dal 1880 al 1900 circa ventimila persone. In Europa, il movimento degli “Amanti di Sion” aveva referenti e finanziatori di alto livello come, in Francia, dove i magnati della finanza Edmund de Rothschild, ed il Barone Hirsh, sostenevano le spese dei migranti.Israele48
La terra d’Israele, fino ad allora non aveva mai perso la sua presenza di poche migliaia di ebrei e di Eravamo rimasti nel corso della nostra narrazione, alle origini del movimento sionista, dopo la delusione che Teodor Herzl, il fondatore, ebbe dalle vicende del caso Dreyfus, che fu un’esempio di come, nonostante l’emancipazione e l’uguaglianza formale, l’antisemitismo fosse sempre pronto a risorgere nella civile Europa.
Nel 1896 fu pubblicato, da Herzl, il libro chiave del sionismo, “lo Stato degli Ebrei”. L’opera fu accolta con grande interesse, nonostante i detrattori, e decine, se non centinaia di persone, da ogni parte d’Europa si misero in contatto con Herzl, il quale, non sentendosi più un isolato fondò formalmente il movimento sionista indicendo un congresso mondiale del movimento, a Basilea, nel 1897. Fu proprio nella fase di preparazione di questa assise, che il giornalista ebreo viennese venne
a conoscenza di gruppi e persone che potevano essere utili alla sua causa. Herzl quando scrisse il suo pampleth, ignorava che già da quasi venti anni vi erano movimenti migratori di ebrei in Palestina. Infatti nel profondo est europeo dell’epoca dove vivevano milioni di ebrei, in seguito ai continui massacri perpetrati soprattutto nella Russia zarista, era nato un gruppo di persone, che sfinite da questa perenne insicurezza e paura pensava seriamente di emigrare. Nel 1882, a Odessa, uscì il libro “Autoemancipazione” ad opera di Leon Pinsker, un medico israelita di Odessa, che definiva improcrastinabile una autonomia sovrana del popolo d’Israele nella sua terra.Yom-Ha-Hazmaut
La palestina giuridicamente faceva parte dell’Impero Ottomano, ma in realtà era un grande deserto desolato, senza alcun tipo di coltura agricola organizzata, dove pochi privilegiati arabi conducevano una vita agiata. Fu su questa terra abbandonata da Dio e dagli uomini, che nacque la prima fattoria degli “Amanti di Sion”, che prese il nome di “Rishon le Zion” che vuol dire “La prima di Sion”. Le terre che gli arabi non coltivavano, venivano comprate dagli ebrei grazie ai finanziamenti dei mecenati che abbiamo citato, e gli arabi, che pensavano di tirare un “bidone” agli ebrei, dando loro sabbia e sassi, si ricredettero in fretta, quando videro che il lavoro dei migranti “Amanti di Sion” produceva frutta e verdura, oltre che grano, grazie all’utilizzo delle migliori tecniche agricole dell’epoca. Era nato l’”yshuv” che in ebraico significa “insediamento”. Herzl
Prese contatto con tutte queste realtà e si convinse, anche dato l’alto numero di adesioni al Congresso Sionista, di avere centrato l’obiettivo. Era ancora un utopia, per molti, per altri forse l’inizio di un movimento epocale. Nel 1897 a Basilea, si prenotarono 250 delegazioni di partecipanti. La lunga marcia verso Gerusalemme aveva segnato un’altra tappa, per Herzl la convinzione che in 50 anni si sarebbe raggiunto l’obiettivo.

Antonio