L’anno prossimo saranno trascorsi vent’anni dalla scomparsa di uno di quelli che ormai umanamente si può annoverare fra i maggiori filosofi del novecento.
Levinas, ebreo di origine lituana, arrivò in Francia giovanissimo e si dedicò con profitto e talento agli studi filosofici in particolare modo approfondendo sia la fenomenologia di Husserl che il pensiero ontologico di Martin Heidegger. Proprio da Martin Heidegger, che il giovane filosofo riteneva uno dei principali pensatori del suo tempo, egli ricevette una terribile lezione: infatti Heidegger aderì al nazismo per diventare rettore di università e approvò le politiche antisemite dei tedeschi.
Nelle interviste e nelle riflessioni che Levinas dedica a questa vicenda traspare una profonda amarezza e si capisce come questo abbia poi inciso sul suo pensiero. Se da giovane aveva messo l’ontologia al primo posto, nella maturità elaborò una filosofia sì esistenzial-fenomenologica ma la concepì come una vera e propria antropologia nella quale sostiene con dovizia di argomenti che l’etica è precedente e prioritaria rispetto all’ontologia.
Levinas parla nelle sue opere dell’ ‘autrui’ (cioè dell’altro) ed in particolar modo nella sua essenza fondamentale e cioè lo sguardo ed il volto. Queste caratteristiche fanno capire come il dogma filosofico assoluto sia quello dell’imperativo biblico: tu non ucciderai, mai, per nessuna ragione il tuo simile. Questa antropologia porta poi ad elaborare una teoria dell’epifania cioè della manifestazione del volto altro come eterno imperativo etico.
Oltre che agli studi di filosofia teoretica Levinas si dedicò con particolare impegno agli studi di ebraismo ed in particolare di quell’ enorme mare magnum del Talmud. Per decenni diresse le settimane di incontro fra gli studiosi ebrei francesi. Molti hanno addirittura pensato date le basi antropologiche, di cui abbiamo fatto cenno, che Levinas avesse molto congeniale per la sua struttura di pensiero il mondo della Bibbia, in cui la prassi ed i valori etici sono la base del sistema religioso giudaico. Memorabili le sue letture del talmud cui venne introdotto da un maestro itinerante ebreo che conosceva dieci lingue e che girava l’Europa utilizzando come mezzo di sostentamento i proventi delle sue lezioni. Levinas non è mai stato particolarmente interessato all’ecumenismo mentre era un fervente sostenitore del sionismo e dello stato ebraico cui dedicò memorabili saggi.
Lo spazio a mia disposizione non consente se non di dare qualche semplice nozione di un cammino intellettuale durato cinquant’anni e che rappresenta, come dicono i più autorevoli dei suoi studiosi, una tipica espressione dell’ebraismo est-europeo che a Parigi ebbe circoli intellettuali di notevole spessore.
In attesa delle celebrazioni in suo onore diciamo, ebraicamente, il suo ricordo sia una Benedizione.
ANTONIO